Con questa foto inviataci dall’ Ing. Antonio Mastroberardino (a cui va il nostro immenso ringraziamento), vogliamo far partire una nuova avventura che ci porterà a vivere la storia del Laceno non più da un punto di vista “statico”, ma dal punto di vista dinamico dei sentimenti. Prossimamente lanceremo l’iniziativa con le modalità di partecipazione. Intanto godiamoci queste righe e questa foto.
“Lago Laceno, luglio 1967, con mia sorella Rosetta ed una carpa. Con la “otteccinquanta” si arrivava a bordo lago, e si pescava di tutto. Le carpe arrivavano vive dopo oltre un’ora di viaggio fino a borgo ferrovia.
Viaggio allucinante, senza ofantina. Tappa obbligatoria, per l’eccesso di curve, per far vomitare i bambini, al bar Bolivar, tra Castelvetere e Ponteromito. Le carpe sapevano di terra. L’Hostel, nel week end (che allora si chiamava fine settimana), sempre “sold out”. Camerieri pantalone nero – camicia bianca; residui fasti dei film festival Laceno d’Oro.
Andava forte il ristorante “Il Fungo” (vicino alla chiesetta). Nel canale immissario, che adduceva acqua sorgiva, quindi prediletta dalle trote, era vietato pescare. Ma con un caffé + presa d’anice, il guardiapesca chiudeva un occhio. Anche due. Tinche, alborelle e così via. Gracidii assordanti, a bordo lago, odore di muschio, piedi nudi in acqua su fango tiepido e scivoloso. Bisognerebbe far “sentire” queste cose ai giovani, ai bambini, non come alternativa alla chat, ma come esperienza addizionale. Investimento sulla continuitá turistica e sul futuro dell’altopiano. Escursioni, oltre che alla quota più alta, anche a quella più bassa del bordo lago.”
